Il Consiglio di Stato ha accolto le nostre tesi, respingendo l'appello di un imprenditore che aveva presentato la domanda di P.U.A.
Leggasi testualmente nella sentenza: "Nel merito, l’appello è infondato.
9. Il primo e quarto motivo possono essere trattati congiuntamente, in quanto aventi ad oggetto censure tra loro connesse. La parte appellante censura il capo della sentenza nella parte in cui ha ritenuto sussistenti le carenze documentali non sanate, senza tener conto che, da un lato, l’amministrazione non ha indicato i documenti ritenuti mancanti nei tempi e nei modi di legge e che, dall’altro lato, i documenti nemmeno erano necessari, avendo gli appellanti presentato una richiesta di permesso di costruire, ai sensi dell’art 20 D.P.R. n. 380/2001.
9.1 I motivi sono infondati.
9.2 L’area oggetto dell’intervento ricade nel PRG del Comune di Marino, in zona omogenea B sottozona B1/2 ed è sottoposta a Piano di Lottizzazione Convenzionata ai sensi delle disposizioni contenute nella variante del PRG approvata con delibera di giunta regionale n. 994 del 29/10/2004.
Gli appellanti, in data 22 maggio 2008, hanno presentato un Piano Urbanistico Attuativo, unitamente alla domanda finalizzata al permesso di costruire. Come correttamente osservato dal TAR “i ricorrenti, lungi dall’aver formulato una (mera istanza) volta ad ottenere-ex art 20 D.P.R. n. 380/2001-il rilascio di un permesso di costruire, hanno presentato un progetto relativo ad un ‘Piano di Lottizzazione Convenzionato’: Piano la cui approvazione, non essendo attualmente presenti-nello specifico lotto da edificare-le necessarie opere di urbanizzazione, è indispensabile ai fini dell’assentimento di un progetto del genere”.
9.3 Che la domanda fosse finalizzata alla specifica approvazione di un piano attuativo è stato confermato dal verificatore il quale, a seguito dall’esame dell’intera documentazione depositata, ha concluso nel senso che la domanda e la documentazione presentata a corredo della stessa fanno esplicito riferimento alla procedura di autorizzazione di un P.U.A. convenzionato ed alla norma tecnica di riferimento, mentre in nessun documento si fa riferimento alla procedura diretta di permesso di costruire.
9.4 La domanda avente ad oggetto l’approvazione di un P.U.A. non poteva che determinare l’avvio del procedimento avente ad oggetto il P.U.A. presentato (e non un permesso di costruire).
9.5 Il tipo di istanza presentata definiva, unitamente all’oggetto, anche il paradigma normativo da applicare al procedimento avviato. La disciplina di riferimento non poteva, quindi, che essere quella contenuta negli articoli 83 e 84 del regolamento urbanistico comunale.
L’art 83, in particolare, sancisce che la proprietà, ottenuta l’autorizzazione a presentare il P.L.C., procede alla presentazione del progetto allo Sportello Unico per l’Edilizia, allegando i seguenti elaborati: elaborati di stato di fatto, elaborati di progetto, relazione geologica-geotecnica, relazione illustrativa, schema di convenzione, documenti da richiedere agli organi diversi ivi indicati.
Il successivo articolo 84 del medesimo regolamento dispone: “a seguito dell’esecutività della delibera di approvazione del P.L.C. il responsabile del procedimento ne dà comunicazione al richiedente. (…) Eseguite le opere di urbanizzazione nelle modalità previste in convenzione possono essere rilasciati i permessi di costruire per la realizzazione dei fabbricati”.
Il regolamento edilizio indica chiaramente: 1) i documenti da presentare 2) che il permesso di costruire viene rilasciato solo a seguito dell’approvazione del P.L.C. e della realizzazione delle connesse opere di urbanizzazione.
9.6 Per tali ragioni sono prive di fondamento sia la censura afferente alla mancata indicazione, nei tempi e nei modi di legge, della documentazione mancante da parte del comune di Marino sia la censura relativa alla pretesa presentazione di una richiesta di permesso di costruire diretto.
Entrambe le affermazioni risultano smentite dalle risultanze processuali, da cui emerge, altresì, che, a tutt’oggi, i ricorrenti non hanno presentato la documentazione mancante, nonostante i solleciti dell’amministrazione, da ultimo con preavviso di diniego n. 53032 del 19 ottobre 2009.
9.7 La parte appellante sostiene che l’intervento in questione avrebbe potuto essere assentito indifferentemente sia con permesso di costruire sia con previa adozione del P.U.A. e che “i ricorrenti, ad abundantiam, avevano chiesto entrambi, lasciando la relativa scelta all'Ufficio Tecnico Comunale” (cfr. punto 6.1 del ricorso in appello).
9.8 Il Collegio non condivide tale assunto, sia perché smentito dai fatti (come emergenti dalla verificazione), sia perché si deve escludere, sul piano logico prima ancora che giuridico, una istanza alternativa che rimetta all’amministrazione la scelta del tipo di provvedimento da adottare.
La richiesta di avvio del procedimento, infatti, non può essere ambigua con riferimento al tipo di provvedimento a cui è finalizzata perché ciò rende non solo incerta la disciplina applicabile, ma anche difficoltosa l’istruttoria, alimentando il contenzioso. Essa, inoltre, si pone in tensione con i principi di tipicità e tassatività dei provvedimenti amministrativi perché non consente di definire con precisione la tipologia di atto che l’amministrazione è sollecitata ad adottare.
Il dovere di leale collaborazione e di buona fede, richiamato dal ricorrente in più parti dell’appello, ha una valenza bilaterare, imponendosi in egual misura e con pari intensità a tutti i protagonisti della vicenda procedimentale. L’avvio del procedimento determina il sorgere di obblighi reciproci di lealtà e di clare loqui, sicché una volta avviato il procedimento PUA non è possibile sostenerne la superfluità e pretendere che la medesima istanza, carente della prescritta documentazione, debba essere comunque esaminata dall’amministrazione ai fini del rilascio di un permesso di costruire in via diretta.
9.9 La parte appellante, si ribadisce, era resa edotta con la presentazione del P.U.A. di dover corredare la richiesta degli elaborati di cui all’art 83 del regolamento edilizio. Il comune, inoltre, con nota del 24 aprile 2019 e successivo preavviso di diniego del 19 ottobre 2009, aveva evidenziato agli appellati che l’intervento ricadeva nell’ambito dell’art 83 del regolamento edilizio e che occorreva presentare tutta la documentazione ivi indicata.
9.10 Per le ragioni sopra indicate, i motivi primo e quarto devono essere respinti.
10. Del pari infondato è il secondo motivo di appello con cui si contesta la sentenza nella parte in cui ha statuito che la strada di accesso ai terreni dei signori Ciufoli non rientra nella viabilità pubblica.
10.1 La parte appellante sostiene che la strada privata che si distacca da via degli Scozzesi è oggetto di una servitù di uso pubblico da parte del Comune che rende il passaggio libero e fruibile. La strada, inoltre, non sarebbe l’unica via di accesso all’area interessata, essendovi altre due strade di collegamento (proseguimenti funzionali di via degli Scozzesi e via A. Reali), del tutto ignorate dal Comune.
10.2 Il TAR ha escluso che il lotto fosse dotato di accesso alla viabilità pubblica sulla base delle risultanze della verificazione. Sul punto il verificatore ha rilevato: “tratto stradale che si diparte da via degli Scozzesi: tale accesso costituito da viabilità privata garantisce l’accesso al lotto, ma non costituisce viabilità pubblica. Dagli atti documentali, riportati dalle parti, infatti non emerge una servitù di passaggio destinata a uso pubblico(….)”
Quanto alle altre due strade di collegamento cui fa riferimento l’appellante, ossia i tratti stradali che si dipartono da via degli Scozzesi e via A. Raeli, si tratta in entrambi i casi di viabilità privata, sicché anche in relazione ad essi si conferma l’assenza di viabilità pubblica.
10.3 L’appellante si limita a ribadire le tesi sostenute in primo grado, ma non fornisce elementi atti a smentire le conclusioni cui è giunto il TAR sulla base della verificazione.
10.4 Sotto tale profilo, non conduce a diverse conclusioni l’osservazione contenuta al punto 3.2 dell’atto di appello in merito all’obbligo del comune di reperire la viabilità pubblica necessaria al servizio del lotto nello strumento urbanistico generale, alla luce dei principi espressi dalla quarta sezione di questo Consiglio di Stato nella sentenza n. 5485 del 6 ottobre 2012.
Il precedente, infatti, non si attaglia al caso di specie, in quanto afferente ai rapporti tra il piano attuativo e il PRG comunale. Proprio in relazione al rapporto tra i due strumenti urbanistici, la sezione osservava “appare evidente come la valutazione dei temi della viabilità, e quindi della sufficienza dei collegamenti esterni all’area oggetto di lottizzazione, non sia un elemento da sviluppare in occasione dell’approvazione del piano di lottizzazione, che ha natura attuativa, ma debba essere contenuto, a monte, nello strumento urbanistico generale il quale, sulla base di una previsione complessiva dei temi della gestione del territorio, è il mezzo giuridico funzionalmente idoneo a dare ingresso alle tematiche della circolazione nell’ambito del territorio comunale”.
Nel caso di specie, per contro, i ricorrenti pretendono di effettuare l’intervento a prescindere dal piano attuativo in una zona ove, per contro, lo strumento attuativo è necessario.
10.5 Per le ragioni sopra esposte, il motivo deve essere respinto.
11. Con il terzo motivo l’appellante censura il capo della sentenza che ha escluso il carattere intercluso dei fondi.
Sostiene l’appellante che i terreni in questione si troverebbero in una zona già fortemente urbanizzata e dotata di tutte le necessarie opere di urbanizzazione primaria e secondaria, per cui si tratterebbe di lotto intercluso ed edificabile in assenza di PUA.
11.1 Il Collegio non condivide l’assunto difensivo, in quanto la proprietà degli appellanti non presenta le caratteristiche di lotto intercluso, così come definite dalla giurisprudenza.
11.2 La fattispecie del lotto intercluso configura un’ipotesi eccezionale, poiché deroga alla regola della necessità del piano attuativo, ove previsto da quello generale (cfr. Consiglio di Stato, sez IV, 24.12.2020 n. 8313)
Il lotto, al fine di essere considerato “intercluso”, deve presentare alcune caratteristiche, ed in particolare “si realizza allorquando l’area edificabile di proprietà del richiedente il permesso di costruire: a) sia l’unica a non essere stata ancora edificata; b) si trovi in una zona integralmente interessata da costruzioni; c) sia dotata di tutte le opere di urbanizzazione (primarie e secondarie), previste dagli strumenti urbanistici; d) sia valorizzata da un progetto edilizio del tutto conforme al p.r.g.” (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5488). In altri termini, è possibile prescindere dalla lottizzazione convenzionata prescritta dalle norme tecniche di piano solo ove nell’area interessata sussista una situazione di fatto corrispondente a quella derivante dall’attuazione della lottizzazione stessa, quando, in particolare, nell’area siano presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria pari agli standards urbanistici minimi prescritti (ex multis, Cons. Stato, sez. IV, n.4271/2018; n.1434/2016; n. 3880/2013).
11.3 Nel caso di specie, il TAR, sulla base della verificazione, ha escluso che la proprietà di parte appellante integrasse le caratteristiche del lotto intercluso perché, a prescindere dalla circostanza che non si tratta di un singolo edificio ma di tre costruzioni, le opere di urbanizzazione non sono presenti e necessitano di progettazione di dettaglio.
Alla luce di quanto emerge dagli atti di causa, la proprietà degli appellanti non è sussumibile nella fattispecie di lotto intercluso, così come delineata dalla giurisprudenza sopra richiamata che ne ha costantemente sottolineato l’eccezionalità rispetto alla regola della pianificazione attuativa.
11.4 Sul punto, si osserva, infine, che “la superfluità della pianificazione di dettaglio consegue alla constatazione dell'oggettiva inutilità della stessa, a motivo della già intervenuta saturazione edilizia e dell'integrale soddisfacimento degli standard urbanistici “è un giudizio che “compete all'Amministrazione ed il relativo sindacato giurisdizionale è limitato alla verifica della logicità, della non contraddittorietà, della completezza istruttoria, della rispondenza fattuale alla situazione dei luoghi, ma non può spingersi sino alla sostituzione della valutazione amministrativa, che, in quanto espressione della potestà di governo del territorio, è riservata al Comune” (Cons. Stato Sez. IV, sent. 06-11-2017, n. 5119).
11.5 Per le ragioni sopra esposte, il motivo deve essere respinto.
12. I motivi quinto e sesto possono essere esaminati congiuntamente in quanto entrambi relativi all’omesso esame, da parte della sentenza impugnata, dei vizi afferenti alla violazione dell’art 10 bis l. 241/1990 per la mancata valutazione, da parte del comune, delle osservazioni prodotte dagli appellanti e per la mancata comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza.
12.1 Il Collegio osserva che l’infondatezza dei motivi di ricorso afferenti alla pretesa sussistenza delle condizioni per l’edificazione diretta rendeva superflua l’analisi, da parte del giudice di primo grado, dei profili relativi all’asserito omesso esame ad opera del comune delle controdeduzioni degli appellanti, incentrate sull’identica pretesa di edificazione diretta. Analoghe conclusioni valgono per il lamentato omesso preavviso di rigetto, sempre relativo all’asserita possibilità di edificazione in assenza di P.U.A.
12.2 I motivi sono comunque infondati laddove si consideri che il comune ha ribadito più volte che, trattandosi di procedimento finalizzato all’approvazione del P.U.A., era necessario procedere all’integrazione documentale in conformità con quanto previsto dal regolamento urbanistico ed alla luce del P.R.G. vigente che richiedeva per l’area interessata un piano attuativo.
D’altra parte, il provvedimento prot. n. 66997 del 10.12.2010 si limita a dichiarare l’improcedibilità dell’istanza volta al rilascio del permesso di costruire, in quanto già oggetto del provvedimento di diniego con nota prot 3516 del 21.01.2010, per cui è da escludere che tale atto abbia avviato una nuova fase procedimentale, stante la natura meramente confermativa dello stesso.
12.3 Anche i motivi quinto e sesto devono, pertanto, essere rigettati.
13. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
14. L’infondatezza dell’appello determina l’infondatezza della domanda risarcitoria, proposta con il settimo motivo, che deve essere parimenti rigettata.
15. Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.