Il Tar Lazio, in accoglimento delle nostre difese, a tutela di un Comune sottoscrittore di un accordo di programma insieme a Regione e Asl, ha dichiarato irricevibile per tardività  il ricorso di una società privata con la quale si chiedeva un ingente risarcimento del danno a seguito del diniego di accreditamento regionale per una struttura sanitaria post acuzie. Leggasi testualmente nella sentenza del Tar:

"6. Orbene, osserva il Collegio che, nella fattispecie n esame, la ricorrente si limita a dedurre del tutto genericamente di aver subito un danno, senza argomentare alcunché né in ordine al tipo di responsabilità in cui sarebbe incorsa l’Amministrazione, né in ordine alla sussistenza, nel caso concreto, degli elementi costitutivi della stessa. Per quanto qui di interesse, deve essere innanzitutto rilevato che la giurisprudenza ha reiteratamente affermato che “gli accordi di carattere pubblicistico, al pari dei contratti di diritto privato, soggiacciono al criterio dell'interpretazione secondo buona fede (art. 1375 c.c.) e al principio di leale collaborazione tra le parti; principio che trova il suggello, per la P.A., nelle indicazioni contenute negli artt. 2 e 97 Cost. e comunque negli artt. 1175 e 1176 c.c. Tali considerazioni conducono a ritenere che, seppur possa in linea di principio, configurarsi una responsabilità dell'Amministrazione che ha sottoscritto l'accordo di programma e ne violi le pattuizioni, l'estensione di essa nei confronti del soggetto privato coinvolto presupponga (oltre agli elementi della complessa fattispecie che perfeziona l'illecito), la prova di un affidamento incolpevole del privato che deve essere valutato tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto” (cfr. T.A.R. Brescia n. 700/2020) Dunque, nell'ambito del procedimento amministrativo, il dovere di correttezza è un dovere reciproco, che grava, quindi, anche sul privato, a sua volta gravato da oneri di diligenza e di leale collaborazione verso l'Amministrazione. Dalla documentazione versata in atti risulta provato che la ricorrente non ha mai realizzato la struttura sanitaria post acuzie, né le ulteriori strutture autorizzate di cui all’atto sottomissione del 20.10.2006 ed in particolare: le strutture “da adibire a centro congressi convegni di aggiornamento professionale”, “strutture da adibire asede per l’Università per attività legate alla ricerca ed alla didattica con annessa foresteria”, “struttura ricettiva e per la ristorazione”. Peraltro, l’inerzia - protrattasi per oltre 10 anni - non può essere giustificata dalla volontà di attendere che “la struttura servita fosse finita”, in quanto la struttura sanitaria privata avrebbe potuto funzionare anche prima dell’Ospedale. Né risulta che la Nettunense abbia mai presentato domanda di rilascio della autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria. Invero, il diniego de quo è stato adottato dalla Regione a seguito di una istanza del Comune di Ariccia, e non anche della odierna ricorrente. Neppure ha presentato alcuna istanza per ottenere un mutamento della destinazione urbanistica dei terreni de quibus. Il comportamento inerte della Società – che, come visto, non ha iniziato i lavori né ha richiesto le autorizzazioni necessarie per l’esercizio dell’attività sanitaria dal 2006 al 2018 - non può che essere interpretato come disinteresse alla realizzazione di quanto previsto dall’Accordo di Programma. Peraltro, la società ha prestato acquiescenza alla nota della Regione Lazio dell’11 luglio 2017, che, in base alla ricostruzione dei fatti operata dalla stessa ricorrente, costituirebbe l’atto “presupposto”, in conseguenza del quale si sarebbe prodotto il danno nella propria sfera giuridica. Se effettivamente avesse ritenuto che attraverso di esso si fosse realizzato l’inadempimento contrattuale, avrebbe dovuto impugnarlo e non lo ha fatto. Ritiene pertanto il Collegio che il comportamento delle Amministrazioni è stato improntato a criteri di buona fede, atteso che il diniego - dal quale sarebbe derivato il danno dedotto dalla ricorrente - è stato adottato dopo tredici anni dalla data di stipula dell’atto di sottomissione e solamente a fronte dell’incontestato “sostanziale cambio di scenario sanitario attuale rispetto a quello del 2007 rende quindi saturo il fabbisogno specifico”. Lo stesso non può dirsi del comportamento della Nettunense che, invece, ha omesso di attivarsi per ottenere le necessarie autorizzazioni e realizzare le strutture.

Per completezza, in relazione alla quantificazione del danno, non può non rilevarsi come il Comune .., con atto notarile del 14 luglio 2007, a seguito della cessione bonaria delle aree necessarie alla realizzazione dell’Ospedale dei Castelli Romani, ha assegnato in proprietà alla ricorrente i terreni ivi indicati e che sono tutt’ora realizzabili le opere ulteriori di cui all’atto di sottomissione del 20.10.2006. Conseguentemente, la richiesta di un risarcimento pari al valore dei beni ceduti, senza tenere in alcuna considerazione quanto comunque ottenuto dalle Amministrazioni coinvolte è certamente privo di ogni fondamento".