Il Consiglio di Stato ha accolto le nostre tesi a favore di un noto Comune del Lazio, respingendo l'appello di una società di costruzioni.
Leggi testualmente nella citata sentenza: "1. - L’appello non è fondato e va respinto per i motivi di seguito precisati.
2. - Con il primo motivo di diritto, rubricato “I - Sull’evidente abbaglio in cui è incorso il Giudice di prime cure”, la parte appellante lamenta l’esistenza di un errore nella sentenza in relazione alla considerata presenza di modifica dell’altezza urbanistica che, al contrario, era rimasta del tutto invariata.
La questione dell’altezza degli edifici veniva inoltre in considerazione con il secondo motivo di diritto, recante “II - Sull’indubbia insussistenza di un aumento dell’altezza dell’edificio n. 7” e anche con il terzo motivo, rubricato “III - Ancora sull’indubbia insussistenza di un aumento dell’altezza dell’edificio n. 7”.
Nel dettaglio, le rispettive ragioni si fondano: per il primo motivo, sulla considerazione che anche il CTU avrebbe riconosciuto l’inesistenza di detta variazione in altezza; per il secondo motivo, sulla scorta delle considerazioni svolte dal proprio consulente di parte; per il terzo motivo, sulla scorta delle considerazioni in merito al rilievo del pacchetto di isolamento termico realizzato poggiandolo direttamente sulla superfice esterna del tetto.
2.1. - Le doglianze, considerate unitariamente, non possono essere accolte.
Va innanzi tutto osservato che, contrariamente a quanto afferma la parte appellante, il CTU di ufficio ha espressamente tenuto conto delle osservazioni del tecnico di parte (osservazioni che costituiscono poi la base dei motivi 2 e 3), e le ha esplicitamente confutate.
Infatti, in disparte le estrapolazioni parziali fatte dall’appellante, il CTU ha espressamente rilevato l’esistenza di una variazione in altezza, seppur non considerandola essenziale.
Si legge infatti nella consulenza depositata, a pag. 19 “in realtà in nessun fabbricato vi è stato un aumento dell’altezza urbanistica così come definita all’art 7, punto 3) delle Norme Tecniche di Attuazione del Piano Regolatore vigente del Comune di Rieti, approvato con DGR n. 347 del 13/07/2012, in quanto è variato esclusivamente lo spessore del sovrastante “pacchetto” impermeabilizzante ed isolante costituito dalle tegole dallo strato coibente il cui spessore è di 20 cm che corrispondono all’apparente aumento dell’altezza del fabbricato.”
Inoltre, nelle conclusioni, il CTU precisa “Le modifiche apportate nella SCIA del 12.03.2018 dalla Monte Elefante s.r.l., e cioè le variazioni di altezza degli edifici e lo spostamento dell’edificio 7, non costituiscono variante essenziale”.
Come si vede, l’aumento di altezza del fabbricato è stato effettivamente riscontrato dal CTU, come pure dagli accertamenti della polizia municipale.
Il tema quindi non è quello dell’esistenza o meno del citato aumento ma della sua valutazione giuridica, che è oggetto dell’ultimo motivo di diritto. Il riscontro del detto aumento dimensionale assorbe anche le ulteriori censure, in relazione alla sua natura, atteso che queste vengono in rilievo solo ed esclusivamente in funzione della natura essenziale della modifica, anch’essa oggetto del quarto motivo.
Il tema unitario delle prime tre censure, ossia il mero fatto dell’aumento di altezza del fabbricato, è stato quindi correttamente vagliato dal T.A.R., comportando così rigetto delle doglianze.
3. - Il quarto motivo, recante “IV - Sull’erroneità dell’interpretazione fornita dal primo Giudice”, evidenzia il mancato rispetto della ratio della normativa in tema di variazioni essenziali, che si fonda sulla circostanza del tutto normale, se non fisiologica, che la realizzazione di un’opera edilizia comporti dei lievi scostamenti rispetto al progetto assentito al fine di tener conto dell’effettivo stato dei luoghi, di eventuali imprevisti che possono sorgere nel corso dei lavori e del continuo mutamento degli standard tecnici in materia edilizia. Sulla scorta di tale principio, appare evidente come il T.A.R. abbia errato nel non interpretare la normativa regionale richiamata dalla sentenza impugnata (art. 17, comma 2, L.R. n. 15/2008) nel senso che - per poter inquadrare una modifica della localizzazione di un edificio come una variazione essenziale - è necessario che la medesima abbia comportato anche una variazione essenziale della sagoma o dell’altezza.
3.1. - La doglianza va respinta.
Nella sentenza gravata, il primo giudice si è correttamente assunto l’onere di interpretare la normativa oggetto di applicazione, superando in parte qua le osservazioni del CTU, soggetto istituzionalmente non titolato all’applicazione della norma di legge.
Di tale compito, costituzionalmente imposto al giudice, il T.A.R. ha fatto buon governo, respingendo l’interpretazione offerta dal CTU, secondo il quale lo spostamento dell’edificio n. 7 fosse irrilevante, in quanto la modifica dell’altezza dell’edificio, inferiore al 10%, renderebbe concreta la natura “non essenziale” della variante, ai sensi del comma 2 dell’art. 17 L.R. Lazio n. 15 del 2008.
Al contrario di quanto affermato dal consulente, va infatti ritenuta corretta la lettura della disposizione data dal T.A.R.. Infatti, l’art. 17, commi 1 e 2, della L.R. Lazio citata dispone:
“1. Ai fini dell’applicazione degli articoli 15 e 16, costituiscono variazioni essenziali al progetto approvato le opere eseguite abusivamente quando si verifichi una o più delle seguenti condizioni:
a) mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standard previsti dal d.m. lavori pubblici 2 aprile 1968;
b) mutamento delle destinazioni d’uso, con o senza opere a ciò preordinate, quando per lo stesso è richiesto, ai sensi dell’articolo 7, terzo comma, della L.R. n. 36/1987, il permesso di costruire;
c) aumento superiore al 2 per cento del volume o della superficie lorda complessiva del fabbricato;
d) modifica dell’altezza quando, rispetto al progetto approvato, questa sia superiore al 10 per cento, sempre che rimanga inalterato il numero dei piani;
e) modifica della sagoma quando la sovrapposizione di quella autorizzata, rispetto a quella realizzata in variante, dia un’area oggetto di variazione, in debordamento od in rientranza, superiore al 10 per cento della sagoma stessa;
f) modifica della localizzazione quando la sovrapposizione della sagoma a terra dell’edificio autorizzato e di quello realizzato, per effetto di rotazione o traslazione di questo, sia inferiore al 50 per cento;
g) mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito in relazione alla classificazione dell’articolo 3 del d.P.R. 380/2001 e successive modifiche;
h) violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica quando non attenga a fatti procedurali.
2. La modifica della localizzazione del fabbricato non è comunque considerata variazione essenziale quando, a prescindere dai limiti stabiliti nel comma 1, lettera f), rimangono invariate le destinazioni d’uso, la sagoma, il volume, le superfici, l’altezza della costruzione e sempre che la nuova localizzazione non contrasti con leggi, norme e regolamenti”.
È pertanto dalla lettura del comma 2 che emergono i presupposti per considerare non essenziale una variante di modifica di localizzazione del fabbricato, presupposti che si realizzano solo quando, unitamente allo spostamento del sedime, non si riscontra nessuno degli altri elementi ivi indicati (ossia se restano invariate le altre condizioni: destinazioni d’uso, la sagoma, il volume, le superfici, l’altezza della costruzione).
In questo caso, il comma 2 della disposizione non distingue ulteriormente il quantum di modificazione, rendendo quindi indifferente la natura essenziale o non essenziale della modifica secondo il comma precedente.
Tale è la situazione che si verifica nel caso in esame, dove non può che notarsi come l’edificio n. 7 abbia subito un aumento dell’altezza, e quindi della sagoma, ancorché non tale da integrare una variazione essenziale in quanto inferiore al 10% e come sopra riscontrato. Pertanto, tale aumento, irrilevante qualora fosse l’unico parametro modificato, va considerato contestualmente alla intervenuta modifica della localizzazione, così che l’insieme delle due difformità impedisce di considerare tale variazione “non essenziale”, ai sensi dell’art. 17, comma 1, lettera f), della L.R. n. 15/2008.
Insomma, la norma della legge regionale, coerentemente con la ratio indicata anche dalla parte appellante, riconosce la possibilità che nel corso della realizzazione del manufatto possano verificarsi degli scostamenti progettuali; ma tale riconoscimento non trasmoda in una implicita acquiescenza, sottoponendo a limiti e misure le dette variazioni.
Nel caso in esame, la modifica della localizzazione è sì consentita purchè non incida sugli altri parametri normativi e, quindi, non può ritenersi ammissibile nel caso in specie.
4. - L’appello va quindi respinto. Tutti gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso. Sussistono peraltro motivi per compensare integralmente tra le parti le spese processuali, determinati dalle oggettive difficoltà di accertamenti in fatto, idonee a incidere sulla esatta conoscibilità a priori delle rispettive ragioni delle parti (così da ultimo, Cassazione civile, sez. un., 30 luglio 2008 n. 20598).