Il Tar ha accolto le nostre tesi a difesa dell'impresa controinteressata in una gara di appalto avente ad oggetto il servizio di sosta a pagamento di un Comune, ritenendo legittima l'esclusione dalla gara della ricorrente.

Leggasi testualmente nella sentenza: "Ebbene, con il motivo di ricorso in esame il ricorrente ha inteso per l’appunto censurare la non correttezza, e dunque l’evidente erroneità, delle valutazioni tecniche operate dalla stazione appaltante, per avere le medesime obliterato dati ed elementi (quali il credito d’imposta 4.0 e il valore residuo dei beni strumentali al termine della concessione) che, se adeguatamente considerati, avrebbero influito sugli esiti del calcolo effettuato dalla S.U.A., portando all’emersione di un utile positivo, con la conseguenza che è stato di fatto sollecitato un sindacato giudiziale non già sostitutivo del giudizio tecnico effettuato dall’Amministrazione, bensì teso ad appurare l’attendibilità delle operazioni e delle procedure in cui si è concretato tale giudizio.

4.2.1. Quanto alla mancata considerazione, da parte della S.U.A., del credito d’imposta 4.0 per i beni strumentali nuovi acquistati per l’espletamento del servizio in concessione, la cui spettanza è stata evidenziata soltanto nei giustificativi prodotti in seno al sub-procedimento oggi in esame e non anche nel PEF originario allegato ai documenti di gara, non ha qui rilevanza la questione se tali giustificazioni costituiscano una inammissibile modifica dell’offerta o, all’opposto, siano estrinsecazione della facoltà, accordata all’offerente, di “integrare, chiarire ed eventualmente aggiustare errori nelle giustificazioni relative alle voci di costi che costituiscono la base per l’elaborazione dell’offerta” (come sostenuto dalla ricorrente, che peraltro chiarisce che tale integrazione sarebbe stata possibile solo una volta completata l’interconnessione dei beni nel circuito aziendale, avvenuta nel 2021): al riguardo assume portata dirimente la considerazione che la normativa disciplinante il credito d’imposta di cui trattasi (segnatamente, l’art. 1, comma 1056, legge 30 dicembre 2020, n. 178) prevede che il medesimo sia “utilizzabile esclusivamente in compensazione ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241” (come peraltro ammesso dallo stesso ricorrente a pag. 7 del ricorso). Ciò comporta che il beneficio fiscale in questione si traduce, di fatto, in una riduzione delle imposte (ovvero delle ulteriori somme – i.e. contributi) da versare in F24 ai sensi del citato articolo 17, e non anche in un abbattimento delle voci di costo che concorrono alla determinazione dell’ammontare degli investimenti iniziali: in altri termini, la circostanza che, nel caso di specie, la ricorrente abbia usufruito di un credito quantificato “nella misura del 50 per cento del costo di acquisizione” di nuovi beni tecnologicamente avanzati non significa che “il loro costo di acquisto sarà abbattuto del 50% in sede di contabilità aziendale” (come sostiene il ricorrente a pag. 7 del ricorso), con la conseguenza che è del tutto errata l’affermazione di parte secondo cui “Le agevolazioni sugli investimenti comportano una riduzione del costo dell’investimento e di conseguenza, un minor costo da ammortizzare” (cfr. pag. 8 del ricorso), come inconferente è il richiamo, operato dalla stessa ricorrente, alla giurisprudenza che ammette l’aggiustamento delle singole voci di costo per sopravvenienze di fatto o normative. Ne deriva pertanto che, quand’anche si volesse ritenere astrattamente spettante il beneficio fiscale di cui trattasi (senza con ciò voler esercitare alcun sindacato in via incidentale ai sensi dell’art. 8 c.p.a.), tale elemento è del tutto ininfluente ai fini delle valutazioni da compiersi sulla sostenibilità del PEF allegato all’offerta: il costo dei beni strumentali acquistati da... Gestioni e previsti nel PEF allegato agli atti di gara sotto la voce “investimento iniziale”, infatti, deve comunque essere computato nel suo importo integrale, pari a complessivi € 125.400,00 (come peraltro confermato dalla Società nei giustificativi prodotti il 15.12.2021), e non anche nella misura ridotta del 50%. È pertanto pienamente legittima la valutazione operata sul punto dalla S.U.A., la quale ha rilevato che “il meccanismo del credito d'imposta non determina un elemento economico positivo certo, bensì un credito, il cui utilizzo è subordinato e limitato alla rilevazione di debiti per imposte in misura capiente per la sua compensazione”. 4.2.2. Sono destituite di ogni fondamento anche le censure con cui la ricorrente, da un lato, mira ad evidenziare la sostenibilità dell’offerta applicando il coefficiente di ammortamento del 15% previsto dalla normativa fiscale, nonché, dall’altro, intende contestare la mancata considerazione, da parte della S.U.A., del valore residuo dei beni (segnatamente i parcometri) al termine della concessione. Non assume infatti alcun rilievo, nel caso di specie, la durata “fiscale” dell’ammortamento dei beni acquistati per l’espletamento del servizio, né la relativa quota di ammortamento (calcolata applicando i coefficienti di legge), considerata la chiara portata conformativa della sentenza del Consiglio di Stato n. 7638/2021, che ha imposto un riesame del PEF dell’aggiudicataria .... Gestioni sulla base di un “ammortamento quadriennale degli investimenti”: ne deriva che l’importo complessivo dell’investimento andava suddiviso per 4, con una sempliceoperazione matematica che non poteva prevedere l’applicazione, al divisore della relativa frazione, di valori diversi (quali, in particolare, 6 – pari alla durata della concessione comprensiva della eventuale proroga biennale – ovvero 7 – che la ricorrente asserisce essere la durata scaturente dall’applicazione del DM 31/12/88). Ne consegue anche che sono del tutto irrilevanti sia la circostanza che i beni acquistati per l’espletamento del servizio conservino, alla scadenza del periodo quadriennale di durata dell’affidamento, un “valore commerciale” residuo (né peraltro assume rilievo il relativo ammontare), sia il fatto che il suddetto valore residuo fosse “capiente”, ossia idoneo a coprire il residuo valore contabile (non ammortizzato) dell’investimento. Peraltro, la medesima pronuncia n. 7638/2021 ha già preso specifica posizione su tale doglianza, così argomentando: “Non sono condivisibili invece le deduzioni difensive della ... Gestioni, la quale osserva che la parte non ammortizzata degli investimenti fatti per la concessione oggetto di controversia sarebbe comunque recuperata in seguito, nel corso dell’ordinario esercizio dell’impresa, e che l’ammortamento di sei anni esposto nel piano economico-finanziario è conforme a quello fiscale, previsto sul maggiore orizzonte temporale di sette anni. La deduzione così sintetizzata tende infatti a svalutare la funzione del piano nella procedura di affidamento in questione, che è quella di dimostrare la sostenibilità della concessione sulla base delle relative componenti economiche attive e positive rivenienti dalla sua gestione. Rispetto a tale finalità, che impone quindi di avere riguardo esclusivo all’orizzonte temporale della concessione, è dunque irrilevante che il concessionario possa successivamente recuperare i costi ammortizzati. Per valutare la sostenibilità della gestione, che a sua volta è garanzia di corretta esecuzione del contratto, è infatti necessario dimostrare il recupero nel periodo contrattualmente previsto”. 5. Destituito di fondamento, sia in fatto che in diritto, è anche il secondo mezzo di gravame, con cui la ricorrente lamenta che il gravato provvedimento non sia stato preceduto dalla previa comunicazione dei motivi comportanti la chiusura negativa.