Il Tribunale di Tivoli ha accolto le nostre tesi a difesa di un concessionario dei servizi cimiteriali che ha ingiunto il pagamento di canoni di gestione mediante lo strumento dell'ingiunzione fiscale ex R.d. 639/1910.
Leggasi testualmente nella sentenza: "L’opposizione articolata dal concessionario deve essere accolta in ragione dell’assorbente fondatezza del motivo concernente la mancanza, peraltro incontestata, del visto di esecutività di cui all’art. 52, comma 5, lett. d), del d.lgs. n. 446/1997.
Posta la sussistenza della giurisdizione in capo all’adita Autorità giudiziaria ordinaria ai sensi dell’articolo 3 del testo unico delle disposizioni di legge relative alla riscossione delle entrate patrimoniali dello Stato e degli altri enti pubblici, approvato con regio decreto 14 aprile 1910, n. 639, in ragione del carattere non tributario dell’entrata di cui all’opposta ingiunzione, si osserva quanto segue. L'ingiunzione cosiddetta fiscale, prevista dall'art. 2 del citato r.d. n. 639 del 1910, a seguito della modifica operata dall'art. 130, comma 2, del d.P.R. 28 gennaio 1988, n. 43 (con l'abrogazione delle disposizioni regolanti la riscossione coattiva dei tributi), ha perduto la funzione di precetto e titolo esecutivo, come tale idonea a consentire l'attivazione del procedimento di riscossione mediante ruolo; nel sistema risultante dopo le descritte novelle, essa costituisce un atto amministrativo a carattere impositivo, espressione del potere di autotutela della pubblica amministrazione, con efficacia accertativa della pretesa erariale e la funzione di atto di invito al pagamento diretto a portare a conoscenza del debitore la pretesa erariale e a consentirgli la tutela dei propri interessi anche in sede giurisdizionale. La descritta natura complessa della ingiunzione importa, da un lato, l'osservanza dei requisiti di validità formale e di contenuto essenziale tipicamente connotanti il provvedimento amministrativo (ad esempio, l'esplicazione, anche per relationem, dei motivi dell'atto, l'indicazione del termine e dell'autorità cui è possibile ricorrere), ma richiede altresì, in relazione all'efficacia accertativa, la sussistenza delle condizioni di ammissibilità del mezzo di autotutela, ovvero la certezza, liquidità ed esigibilità del credito, dovendo la sua esistenza e determinazione quantitativa derivare da fonti, da fatti e da parametri obiettivi e predeterminati, rispetto ai quali la P.A. dispone di un mero potere di accertamento (ex plurimis, Cass., Sez. U, 25/05/2009, n. 11992). L’art. 52, comma 5, lett. b), del d.lgs. n. 446/1997 stabilisce il perimetro soggettivo degli operatori terzi cui l’ente locale può affidare, anche disgiuntamente, le attività afferenti all’accertamento ed alla riscossione dei tributi e di tutte le entrate.
Il medesimo art. 52 comma 5, alla successiva lettera d), prevede che “il visto di esecutività sui ruoli per la riscossione dei tributi e delle altre entrate è apposto, in ogni caso, dal funzionario designato quale responsabile della relativa gestione”. L’alveo applicativo della disposizione da ultimo menzionata di cui alla lett. d), laddove prescrive che il funzionario designato quale responsabile della gestione apponga il visto di esecutività, ricomprende dunque le ipotesi in cui l’ente locale affidi a concessionari l’accertamento e la riscossione delle proprie entrate, in ragione sia della struttura del suddetto comma 5, articolato in periodi tra loro concatenati che configurano forme, soggetti e garanzie per l’accertamento e la riscossione delle entrate dell’ente locale, sia della locuzione “in ogni caso”, evidentemente inclusiva e rafforzativa dell’ipotesi di affidamento a concessionario di cui alla lett. b). Orbene, già sul piano letterale, come rilevato anche in seno alla giurisdizione tributaria, che conosce delle controversie concernenti le ingiunzioni fiscali ove afferiscano ad entrate di natura tributaria, l’inciso “in ogni caso” sta a significare che tale visto va sempre apposto, anche per le gestioni in concessione (cfr. CTP Lecce n. 955 del 16.07.2020). Sul piano sistematico, il visto di esecutività refluisce alla necessaria distinzione tra il procedimento che sovraintende alla emissione dell'ingiunzione e quello relativo alla cartella di pagamento. Inoltre, la previsione del visto è, sul piano teleologico, rispondente a finalità garantistiche e la sua mancanza determina la nullità dell’atto per difetto di un elemento essenziale dello stesso (ex multis, cfr. Commissione Tributaria Regionale Lecce, sentenza n. 2249/2019 del 16.07.2019). Non coglie pertanto nel segno quanto dedotto dalla società concessionaria, alla cui stregua “con il conferimento dei poteri di accertamento e riscossione delle entrate locali di cui al contratto di affidamento da parte del Comune di Guidonia Montecelio, la Scrivente Concessionaria pienamente legittimata alla predisposizione e sottoscrizione degli atti diaccertamento e riscossione”, in quanto l’affidamento delle attività riconnesse all’accertamento ed alla riscossione delle entrate non oblitera, in ragione dei suesposti argomenti di carattere letterale, sistematico e teleologico, la necessità che il funzionario designato quale responsabile della gestione apponga il visto di esecutività, nel caso di specie incontestatamente mancante. Conclusivamente, l’ingiunzione fiscale opposta deve essere dichiarata nulla per violazione dell’art. 52, comma 5, lett. d), d.lgs. n. 446/1997, considerata la mancanza dell’elemento essenziale consistente nel visto di esecutività, alla stregua di quanto osservato supra. Il carattere dirimente delle suesposte considerazioni, in applicazione del principio processuale della ragione più liquida del decidere, desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost., determina l’assorbimento di ogni altra questione".