Il Consiglio di Stato si è così pronunciato: “l’art. 13 del regolamento della Banca d’Italia (secondo cui «Possono essere assunti tra il personale ordinario coloro che non abbiano tenuto comportamenti incompatibili con le funzioni da espletare nell’Istituto») non contiene criteri specificativi del giudizio di incompatibilità”.

Ed ancora: “l’effettiva generalità che connota la norma regolamentare, più che riflettersi sull’illegittimità della stessa, richiede invece una adeguata motivazione in sede di sua applicazione, circa la rilevanza delle circostanze che inibirebbero l’assunzione”.

“In altri termini, il contenuto aperto dell’art. 13 postula la sussistenza di un potere discrezionale dell’amministrazione, che ben può valutare qualunque comportamento, avente rilevanza penale o meno, dal quale desumere l’incompatibilità del soggetto interessato con la funzione da svolgere”.

“La sussistenza di tale potere, che la norma regolamentare non circoscrive a specifici presupposti di fatto – collegandolo, invece, sul piano degli effetti di tali presupposti, “all’incompatibilità con le funzioni da svolgere” – impone, per tale ragione, un onere di motivazione particolarmente approfondito, che non può ridursi a riprodurre le espressioni generali contenute nella norma, ma deve dare conto, nel bilanciamento degli interessi in gioco, degli specifici elementi concreti presi in esame e dei riflessi degli stessi sulla compatibilità con le funzioni da svolgere”.

“Tale valutazione ed il connesso onere motivazionale, espressione della discrezionalità propria dell’ente, devono rispondere ai canoni di logicità e coerenza, ovvero, per quel che rileva anche ai fini del presente giudizio: le circostanze fattuali prese in considerazione devono essere concretamente idonee ad influire in senso negativo sull’attitudine a svolgere le specifiche mansioni relative al posto da ricoprire”.

Cons. Stato, sent. 850/2019