Il Consiglio di Stato ha accolto le nostre tesi (respingendo gli appelli dell'Asl e della società affidataria del servizio) a difesa di una società che ha impugnato l'affidamento diretto di un servizio di Ris/Pacs da parte di un Asl di Napoli, sotto le mentite spoglie di un estensione del contratto a servizi complementari ai sensi dell'art. 106, comma 1, lett. b) D.lgs. 50/16, e senza la preventiva autorizzazione di So.Re.Sa (Centrale Acquisiti Regionale)

Leggasi testualmente nella sentenza: "Omissis S.p.A. ha impugnato davanti al T.A.R. Campania, sede di Napoli con ricorso introduttivo, la deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Sanitaria Locale omissis con la quale è stato disposto l'affidamento diretto, ai sensi dell'art. 106, comma 1, lett. b) D.lgs. 50/16, in favore del R.T.I. omissis del servizio Ris/Pacs con tecnologia Cloud occorrente ai presidi ospedalieri e territoriali dell'Asl Napoli, estendendo il contratto di appalto che aveva riguardo ad uno solo degli ospedali, ossia il Nuovo Ospedale della Zona Orientale di Napoli “Ospedale del Mare”.

Con sentenza n. 1259/2020, pubblicata il 26 marzo 2020, oggetto degli odierni gravami, il TAR Campania, sede di Napoli – premessa l’affermazione, a seguito peraltro di pronuncia delle Sezioni Unite civili della Corte di cassazione su regolamento di giurisdizione, della sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativa - ha dichiarato il ricorso “in parte, improcedibile, quanto al ricorso introduttivo, in parte fondato, quanto alla impugnativa avverso la successiva deliberazione n. 606 del 29/03/2018”, affetta dai vizi di “violazione e falsa applicazione dell’art. 106, comma 1, lett. b) D.lgs. 50/16 e dell’art. 6, comma 15 bis, della L.R. n. 24/12/2013 n. 28, censurando l’illegittimità della delibera gravata, concretante sostanzialmente un affidamento diretto, adottato in assenza di preventiva autorizzazione Soresa e in elusione del principio di obbligatorietà della gara pubblica e della libera concorrenza”, in quanto “nel caso di specie, l'avvenuto mutamento della prestazione originaria (sostanziatosi nell’estensione ad altri nove presidi ospedalieri e territoriali che si aggiungono, pertanto, all’ospedale già destinatario del contratto di appalto, del servizio Ris/Pacs con tecnologia Cloud) si traduca, per il tramite dell'utilizzo della clausola di estensione e della stipula di un nuovo e diverso contratto (che costituisce un indice evidente dell'aliquid novi che la complessiva operazione realizza, risultando, altrimenti sufficiente la mera applicazione della clausola), nella sottrazione di tale segmento ulteriore della prestazione alle procedure ad evidenza pubblica”.

L’inammissibilità dei motivi aggiunti, rivolti contro il capo di sentenza che ha sancito l’inefficacia del contratto per violazione della disposizione regionale relativa alla preventiva autorizzazione, determina - in accoglimento dell’eccezione sollevata in proposito da omissis - l’inammissibilità dell’appello per difetto d’interesse.

 

Ne consegue che la mancata impugnazione di tale capo di sentenza, se non con successivo gravame inammissibile ed irricevibile, determina, in accoglimento dell’eccezione in esame, l’inammissibilità per difetto d’interesse del gravame introduttivo proposto da Carestream e dell’impugnazione originaria di Philips, dal momento che le parti in questione non potrebbero ritrarre alcuna concreta utilità  dall’ipotetico accoglimento di tali mezzi, rimanendo ormai coperto da giudicato l’accertamento dell’autonomo vizio contrattuale operato dal capo non impugnato della sentenza di primo grado, concernente la nullità del contratto per violazione del citato art. 6, comma 15-bis, della L.R. n. 24/12/2013 n. 28.

Come correttamente ritenuto dal T.A.R., con motivazione che resiste alle censure proposte nelle impugnazioni proposte da tutte e tre le parti, lo strumento [previsto dall’art. 106, comma 1, lett. b) del d. lgs 18 aprile 2016, n. 50] utilizzato nel caso di specie per l’affidamento in questione, assolutamente derogatorio rispetto al

principio del confronto concorrenziale e alla regola della gara, è rigidamente perimetrato da una serie di presupposti non riscontrabili nel caso di specie: In particolare, l’oggetto della modifica dell’originario contratto deve avere riguardo a lavori, servizi o forniture:

 - “supplementari” rispetto all’iniziale oggetto negoziale; 

- “resisi necessari” (dunque, per necessità insorta successivamente all’originaria aggiudicazione);

- non ricompresi nell’appalto iniziale.

Inoltre, in aggiunta alle superiori condizioni, la disposizione richiede che la messa a gara comporti, con il possibile cambio di contraente sia il mancato rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito dell'appalto iniziale, ovvero altre difficoltà di tipo economico o tecnico in tal senso; sia notevoli disguidi o una consistente duplicazione dei costi per l'ente aggiudicatore. 

Nella fattispecie dedotta difetta anzitutto il requisito del carattere supplementare del servizio aggiuntivo, dal momento che l’oggetto del provvedimento censurato è la mera estensione del medesimo servizio a presidi ospedalieri e territoriali (così, letteralmente, il provvedimento della Asl Na 1) rispetto a quello originario: come ammette sia la stessa delibera n. 606 impugnata in primo grado (allorché qualifica il proprio contenuto dispositivo come “aumento del 48,3% del valore iniziale del contratto”), sia omissis a pag. 12 della memoria depositata in data 14 settembre 2020 nel giudizio 3222/2020 (allorché definisce qualitativamente identico “il contenuto della prestazione oggetto dell’estensione”, ancorando viceversa l’attributo “supplementare” ad un incremento quantitativo dell’originaria prestazione negoziale).

Invero la nozione di servizi supplementari, dovendo essere interpretata sia in adesione al suo significato letterale che con il rigore imposto dalla deviazione dalle regole concorrenziali che essa (eccezionalmente) importa, ha riguardo non già a prestazioni meramente aggiuntive, bensì a prestazioni ulteriori, funzionalmente connesse a quella originaria, che la integrino in quanto necessarie (per ragioni sopravvenute) ad assicurare quest’ultima: laddove l’estensione controversa ha riguardo a presidi ospedalieri altri ed autonomi rispetto a quello oggetto del contratto aggiudicato mediante gara.

Ciò refluisce anche sulla mancanza dell’ulteriore requisito della documentata esistenza di significative difficoltà di tipo tecnico correlate al cambio di contraente, attesa proprio la diversità degli ambiti ove avrebbe dovuto essere resa la prestazione, e la conseguente autonomia logistica degli stessi in assenza di contrarie risultanze, non acquisite al procedimento né al giudizio. La citata deliberazione n. 606 del 29 marzo 2018 motiva infatti – mediante rinvio alla richiamata Relazione del 16 marzo 2018 - con riferimento a pretesi “vantaggi di natura tecnica” e all’ “indubbio vantaggio economico” derivanti dall’estensione del contratto, ma non anche in relazione ai “notevoli disguidi” o altre difficoltà di natura tecnica derivanti dal rispetto delle regole concorrenziali e di evidenza pubblica: la disposizione primaria che consente la deroga all’obbligo della gara richiede però, rigorosamente, non la generica sussistenza di un vantaggio di tipo tecnico, ma piuttosto la sussistenza di un requisito logicamente simmetrico e speculare, vale a dire la documentata impossibilità di interazione rispetto agli strumenti dell’appalto iniziale e presupposto normativo costituito dal mancato rispetto dei requisiti di intercambiabilità o interoperabilità tra apparecchiature, servizi o impianti esistenti forniti nell'ambito dell'appalto iniziale, ovvero da altre difficoltà di tipo economico o tecnico causate dal cambio di contraente, deve tener conto del fatto che la disposizione in esame è dettata in relazione ad un’estensione che presuppone l’unitarietà dell’oggetto negoziale, e non - come riscontrato nella fattispecie in esame - l’autonomia logistica delle prestazioni aggiunte rispetto a quelle originariamente pattuite.