Il Tar di Campobasso, in accoglimento delle nostre tesi, ha rigettato il ricorso di un Rti promotore aggiudicatario di una procedura di gara per l'ampliamento del cimitero comunale.
Leggasi testualmente nella sentenza del Tar: "3. Principiando ora con l’analisi delle successive censure ordinarie di legittimità della Cosvim, il Collegio ritiene di potersi esimere dal valutare le eccezioni di inammissibilità sollevate dal Comune nelle proprie memorie in ragione della infondatezza del ricorso principale e dei motivi aggiunti. 4. Ciò posto, il Collegio ritiene di doversi preliminarmente soffermare sulla propedeutica tematica della qualificazione giuridica dei provvedimenti impugnati quali revoche o annullamenti d’ufficio, sollecitata dalla ricorrente con le doglianze di cui ai paragrafi 6.2. del ricorso principale e 2.2. dei motivi aggiunti. 4.1. Per mezzo di dette doglianze la ricorrente contesta la qualificazione giuridica di “revoca” impressa dall’Amministrazione sui provvedimenti impugnati. A suo dire il Comune, attraverso un’indebita operazione di “ricerca” di possibili elementi di illegittimità dei propri atti precedenti, avrebbe in verità dato luogo, con i provvedimenti impugnati, a una complessiva operazione di annullamento d’ufficio ex art. 21-nonies della l. n. 241/1990: e questa sarebbe inevitabilmente afflitta da illegittimità per la decorrenza del termine perentorio di 12 mesi dalla adozione degli atti oggetto di siffatto annullamento. 4.2. Sennonché, i provvedimenti impugnati a parere del Collegio sono indubbiamente delle revoche. 4.2.1. La consolidata giurisprudenza in materia, cui questo Tribunale non può che aderire, rileva che il potere di revoca di cui all’art. 21-quinquies della l. n. 241/1990 può contemplare ben tre alternativi presupposti: i sopravvenuti motivi di pubblico interesse, il mutamento della situazione di fatto, e, infine, la nuova valutazione dell'interesse pubblico originario (c.d. ius poenitendi). Tra detti presupposti alternativi, di particolare ampiezza è sicuramente quello corrispondente al c.d. ius poenitendi dell’Amministrazione, esercitabile in forza di una nuova (e diversa) valutazione dell'interesse pubblico originario. Difatti, può essere ritenuto adeguatamente motivato un provvedimento di revoca consistente in “una nuova valutazione dell'interesse pubblico in virtù dell'ampia discrezionalità di cui gode l'Amministrazione nell'esercizio dello ius poenitendi” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 agosto 2023, n. 7927). 4.2.2. Orbene, deve osservarsi che proprio in rapporto all’esercizio dello ius poenitendi l’Amministrazione può ben prendere in considerazione – e a fondamento del proprio agere – anche delle circostanze che possono contemporaneamente presentarsi come “motivo di illegittimità del provvedimento o ragione di inopportunità dello stesso” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 24 agosto 2023, n. 7927). Nel novero di simili circostanze rientrano tipicamente quelle produttive di durevoli effetti ex se dannosi per l’interesse pubblico, oltre che discendenti da atti illegittimi. 4.2.3. Non vi è dubbio, dunque, che l’Amministrazione possa esprimersi ex post con una propria valutazione sugli elementi originari del project financing e sulla successiva procedura di gara, in quanto eventuali invalidità delle dette procedure, pur divenute oramai in se stesse “incensurabili” dinanzi al G.A. o mediante l’annullamento d’ufficio, potrebbero continuare a produrre effetti dannosi per la collettività, e giustificare in questo modo il ricorso da parte della P.A. al proprio potere di revoca. 4.2.4. Gli atti impugnati costituiscono dunque degli atti di revoca, e la loro legittimità va verificata alla stregua della sola disciplina propria di tale modello di atto di ritiro. 5. In coerenza con la logica di fondo appena delineata, non può trovare accoglimento l’ulteriore rilievo, addotto dalla ricorrente nelle doglianze congiunte di cui ai paragrafi 6.1.b del ricorso principale e 2.1.b. dei motivi aggiunti, secondo cui l’esercizio del potere di autotutela sarebbe stato in concreto precluso, all’Amministrazione, dall’onere di rinegoziazione del progetto di finanza che sarebbe insorto fra le parti a seguito delle sopravvenienze. 5.1. Per quanto nel caso di specie la ricorrente avesse conseguito anche l’aggiudicazione definitiva della concessione, il Collegio non ritiene che all’Amministrazione fosse inibito il potere d’intervento in autotutela. 5.2. Ciò essenzialmente per due ragioni. 5.2.1. Da un lato, l’Amministrazione detiene un’ampia discrezionalità amministrativa in ordine alla dichiarazione dell’interesse pubblico al progetto, e, quindi, di riflesso, anche ai fini della sua revoca. Il Consiglio di Stato, statuendo proprio sul tema di interesse, ha evidenziato che “l'amministrazione aggiudicatrice non sia tenuta a dare corso alla procedura di gara per l'affidamento della relativa concessione anche in un momento successivo a quello in cui una proposta di realizzazione di lavori pubblici sia stata dichiarata di pubblico interesse e, quindi, sia stato individuato il promotore privato (cfr., oltre ai precedenti su citati, anche Cons. Stato, V, 18 gennaio 2017, n. 207 e da ultimo, Cons. Stato, V, 4 febbraio 2019, n. 820), a maggior ragione siffatta conclusione s'impone quando si tratti di valutare se il progetto proposto abbia i contenuti necessari a soddisfare l'interesse pubblico perseguito dall'amministrazione in un determinato momento storico. La relativa valutazione, rispondente all'ampia discrezionalità amministrativa di cui si è detto, è perciò sindacabile solo se la scelta infine compiuta dalla pubblica amministrazione si discosti manifestamente dai generali canoni di ragionevolezza, economicità ed efficacia dell'attività amministrativa, senza dimenticare che la presentazione della proposta, pur quando sollecitata dall'amministrazione aggiudicatrice con l'inserimento dell'opera o dei lavori pubblici nella programmazione, fa sorgere in capo al proponente l'interesse pretensivo alla relativa valutazione, alla stregua dei criteri individuati dalla legge e dall'avviso pubblico, non anche quello al riconoscimento della corrispondenza del progetto al pubblico interesse, a maggior ragione quando questa venga impedita da norme od eventi sopravvenuti alla presentazione della proposta o da nuove valutazioni dell'interesse pubblico originario alla stregua della proposta come risultante anche all'esito dell'attività istruttoria svolta in collaborazione con il proponente”(cfr., Cons. Stato, sez. V, 14 novembre 2019, n. 7833). 5.2.2. Dall’altro lato, e pur in presenza anche di un’aggiudicazione definitiva di una commessa pubblica (appalto o concessione che sia), l’ordinamento non riconosce comunque all’aggiudicatario un incondizionato diritto soggettivo alla stipulazione del relativo contratto, coercibile nei confronti dell’Amministrazione: e, conseguentemente, nemmeno un cogente obbligo di rinegoziazione, in presenza di sopravvenienze, in capo alla P.A., che le possa inibire il ricorso all’autotutela. La perduranza della fase pubblicistica, ancorché ridotta dopo l’aggiudicazione, fa infatti sopravvivere il potere di autotutela dell’Amministrazione. La consolidata giurisprudenza amministrativa ha, invero, rilevato che dinanzi alla legittima istanza dell’aggiudicatario in ordine alla stipulazione del contratto, fatta valere davanti al G.A. con l’azione avverso il silenzio ex art. 117 del cod. proc. amm., “vi è un obbligo della Stazione appaltante di determinarsi, esprimendo e comunicando la definitiva volontà di stipulare o meno il contratto in questione e, in caso affermativo, invitando la società alla sottoscrizione dello stesso”: ma tale obbligo giuridico di provvedere “non ha, dunque, ad oggetto la conclusione del contratto — esito questo a cui l'Amministrazione non è vincolata — bensì la determinazione, di natura prettamente autoritativa e come tale equiparabile ad un provvedimento, della volontà di addivenire o meno alla sua stipulazione” (cfr., tra le molte, T.A.R. Lazio - Roma, sez. II, 7 settembre 2022, n. 11610). 5.3. Quanto appena esposto avvia a reiezione anche le connesse censure di legittimità di cui ai paragrafi 2.1.c. e 2.1.d. dei motivi aggiunti con riferimento alla determinazione dirigenziale di revoca dell’aggiudicazione. L’aggiudicazione definitiva della procedura di gara, è il caso di ribadirlo, non attribuiva alla Cosvim alcun diritto perfetto alla stipulazione del contratto di concessione, bensì solo un’aspettativa qualificata, che come tale ben poteva quindi essere travolta da una sopravvenuta determinazione dell’Amministrazione di revocare in toto la procedura di gara, a seguito della revoca della pregressa dichiarazione di pubblico interesse del progetto che ne costituiva presupposto e fondamento.D’altra parte, come rammentato dal Comune nella determinazione di revoca dell’aggiudicazione, lo stesso bando di gara e il disciplinare, accettati dalla ricorrente, avevano “previsto la facoltà dell’Ente di revocare l’aggiudicazione definitiva con espressa rinuncia del concorrente ad ogni pretesa economica in caso di revoca dell’aggiudicazione”. 5.4. Pertanto, per le ragioni sopra esposte, neanche le doglianze di cui ai paragrafi 6.1.b del ricorso principale, 2.1.b., 2.1.c. e 2.1.d. dei motivi aggiunti possono trovare accoglimento. 6. Né tantomeno un tale cogente obbligo di rinegoziazione del progetto potrebbe ricavarsi dai principi generali del risultato, della fiducia e della buona fede e legittimo affidamento introdotti, solo nelle more del giudizio, dal nuovo Codice dei Contratti pubblici di cui al d.lgs. n. 36/2023, come invece la ricorrente ha adombrato nelle doglianze congiunte di cui al paragrafo 6.1.c. del ricorso principale. Anche a voler ipoteticamente ritenere, infatti, che detti principi fossero già desumibili dalla normativa vigente al tempo dell’adozione degli atti qui impugnati, gli stessi comunque non sarebbero stati preclusivi dell’esercizio del potere di revoca da parte dell’Amministrazione. Il rapporto nascente dall’aggiudicazione di un contratto è invero pur sempre un rapporto speciale di diritto pubblico, ove la buona fede e il legittimo affidamento devono necessariamente confrontarsi con il principio pubblicistico dell’inesauribilità del potere amministrativo. 7. Richiamata la natura di revoca dei provvedimenti impugnati, il Collegio ritiene di dover ora scrutinare le censure congiunte di incompetenza della Giunta Comunale, e poi del Dirigente del Settore dei Lavori Pubblici-Manutenzioni, ad assumere le revoche per cui è causa.