Il Tar del Lazio, in accoglimento delle nostre tesi a difese di un Comune, ha respinto il ricorso di un costruttore privato avverso l'ordinanza di demolizione per interventi di ristrutturazione edilizia abusivi in violazione delle distanze dalla sede stradale con le seguenti motivazioni: 

"La controversia concerne un manufatto in corso di costruzione composto da un piano terra e un piano interrato; esso trae origine da un edificio preesistente (originariamente realizzato in assenza di titolo edilizio e successivamente sanato con concessione in sanatoria n. 662/SS del 11.11.2010), infine fatto oggetto di un intervento di ristrutturazione edilizia tramite demolizione e ricostruzione di un fabbricato per civile abitazione, ai sensi dell’art. 4 della L.R. n. 21/2009 e ss.mm., il quale così dispone ai commi 1 e 2: “1. In deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi comunali vigenti o adottati sono consentiti, con esclusione degli edifici ricadenti nelle zone C di cui al D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 del Ministro per i lavori pubblici realizzati da meno di venti anni e previa acquisizione del titolo abilitativo di cui all'articolo 6, interventi di sostituzione edilizia con demolizione anche parziale e ricostruzione, con ampliamento entro i limiti massimi di seguito riportati della volumetria o della superficie utile esistente, degli edifici di cui all'articolo 2, limitatamente alle seguenti fattispecie:

a) per edifici a destinazione residenziale per almeno il 50 per cento, ampliamento fino al 35 per cento; […] 2. Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla legislazione vigente e dagli articoli 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 del Ministro per i lavori pubblici e in conformità al D.M. 14 gennaio 2008 del Ministro per le infrastrutture”. Le due ordinanze impugnate con il ricorso introduttivo muovono dal rilievo dell’avvenuta realizzazione delle seguenti opere asseritamente realizzate in difformità della D.I.A. presentata in data 30.03.2015 prot. 15007 e in difformità dal N.O. del competente Ufficio del Genio Civile per le opere realizzate in zona a rischio sismico, nonché in assenza del prescritto nulla osta paesistico - ambientale.

La demolizione è stata conseguentemente disposta ai sensi dell’art. 27, comma 2, del D.P.R. n. 380/2001..

In particolare, la parte ricorrente censura il fatto che l’Amministrazione abbia ritenuto che il manufatto realizzando sia posizionato a una distanza non regolamentare dalla strada di variante speciale.

Ad avviso del Collegio è evidente quindi: a) che alla stregua dell’art. 4, comma 2 della L.R. n. 21/2009 “Gli interventi di cui al comma 1 sono realizzati nel rispetto delle distanze e delle altezze previste dalla legislazione vigente e dagli articoli 8 e 9 del D.M. 2 aprile 1968, n. 1444 del Ministro per i lavori pubblici e in conformità al D.M. 14 gennaio 2008 del Ministro per le infrastrutture”;

b) che la deroga alle previsioni degli strumenti urbanistici e dei regolamenti edilizi comunali, contenuta nell’art. 4, comma 1, della L.R. n. 21/2009, riguarda la facoltà di realizzare “interventi di sostituzione edilizia con demolizione anche parziale e ricostruzione, con ampliamento entro i limiti massimi di seguito riportati della volumetria o della superficie utile esistente”, ma di per sé essa va intesa secondo un criterio di stretta interpretazione e quindi non comporta la derogabilità dell’insieme delle previsioni urbanistiche di interesse generale, con particolare riferimento - per quanto qui interessa - alla zonizzazione stradale e alle relative fasce di rispetto, che costituisce espressione di un complessivo disegno di riassetto urbanistico del nucleo abusivo mediante lo strumento dell’apposita variante speciale; 

c) che in particolare l’art. 22, punto 4) delle N.T.A. della variante generale al P.R.G. subordina la ricostruzione successiva alla demolizione al rispetto delle distanze dai confini e dai fabbricati limitrofi (e quindi a maggior ragione delle distanze previste dalla normativa sugli standard); d) che la previsione della realizzazione della strada, anche ove intesa quale vincolo espropriativo e non conformativo, risultava ancora pienamente vigente al momento della presentazione della D.I.A, essendo stata approvata con la variante pubblicata sul BURL del 28.6.2011; (omissis) e) che la misura della distanza dalla realizzanda sede stradale come calcolata dall’Amministrazione - che è pari a 1, 60 metri per il primo piano, mentre il piano interrato addirittura verrebbe a invadere l’area della sede stradale - è stata sostanzialmente condivisa dal perito nell’elaborato; ed essa è inferiore non solo alla distanza di ml. 7,5, ma anche alla minore delle distanze ipotizzabili come vincolanti ai sensi della normativa vigente, ossia a quella di ml. 5, alla quale ha fatto riferimento il Comune; mentre sul punto il perito di parte ricorrente non controdeduce in punto di fatto; (omissis) g) che quindi l’annullamento della D.I.A. risulta giustificato in relazione al primo dei motivi rilevati (contrasto con l’art. 9 del D.M. n. 1444/1968 in merito alla distanza dell’edificio, come progettato, rispetto alla viabilità prevista nello strumento urbanistico); h) che detto motivo supporta adeguatamente anche la valutazione di prevalenza dell’interesse pubblico su quello privato, come effettuata nel provvedimento impugnato, avendo anche riguardo alla peculiarità delle operazioni di recupero urbanistico dei nuclei abusivi, che implicano fortemente la priorità della tutela dell’interesse pubblico alla corretta gestione del territorio;

Conclusivamente i motivi aggiunti di ricorso vanno in parte respinti e in parte dichiarati improcedibili per difetto di interesse".