Il Tar Lazio ha accolto le nostre tesi a difesa della società aggiudicataria di una gara di appalto contro il ricorso presentato dalla seconda classificata.

Leggasi testualmente nella sentenza del Tar: "Oggetto del presente giudizio è, infatti, il secondo subprocedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta, avviato dalla Stazione appaltante a seguito dell’annullamento di cui alla citata sentenza n. 3003 del 2019, e la conseguente nuova aggiudicazione della procedura alla controinteressata.

A differenza di quanto pretenderebbe parte ricorrente, non è pertanto possibile procedere ad una considerazione unitaria e comparativa dei due procedimenti di verifica dell’anomalia, in quanto il primo si è definitivamente esaurito con il giudizio di congruità reso antecedentemente alla prima aggiudicazione della gara alla omissis, annullata dalla summenzionata sentenza.

Ogni questione relativa al primo giudizio di congruità dell’offerta della omissis. si è, pertanto, esaurita con la più volte citata pronuncia n. 3003 del 2019.

Né, a differenza di quanto sostenuto da parte ricorrente, la suddetta sentenza accerta alcunché in merito alla anomalia dell’offerta presentata dalla omissis all’esito del

primo subprocedimento di verifica, atteso che la Sezione ha posto a fondamento dell’accoglimento la condotta della S.U.A. laddove la stessa ha basato la propria valutazione di congruità e attendibilità dell’offerta su un business plan, elaborato in totale autonomia e mai confluito negli atti di gara, senza considerare le giustificazioni presentate dalla aggiudicataria provvisoria.

Ne discende, pertanto, che dalla suddetta sentenza che prescrive alla S.U.A. di rieditare la fase procedimentale annullata attenendosi a quanto stabilito nella lex specialis, non è possibile far discendere l’ulteriore effetto conformativo auspicato dalla ricorrente della certa inattendibilità dell’offerta della omissis con la sua conseguente esclusione dalla procedura, deprivando in tal modo la S.U.A. di qualsiasi discrezionalità nella riedizione del procedimento di verifica.

E’, altresì, infondata e da disattendere anche la censura con la quale parte ricorrente deduce l’illegittimità della nuova verifica in quanto sarebbe stata effettuata su un nuovo un nuovo PEF, emendato dall’errore relativo al mancato scorporo dell’IVA e che sarebbe stato strumentalmente modificato per dimostrare la congruità dell’offerta.

 

 

Il procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta è finalizzato all’accertamento dell’attendibilità e della serietà della stessa, nonché dell’effettiva possibilità dell’impresa di eseguire correttamente l’appalto alle condizioni proposte; la relativa valutazione da parte della stazione appaltante ha, dunque, natura globale e sintetica e costituisce espressione di un tipico potere tecnico-discrezionale insindacabile in sede giurisdizionale, salvo che la manifesta e macroscopica erroneità o irragionevolezza dell’operato renda palese l’inattendibilità complessiva dell’offerta (cfr. Cons. Stato, V, 28.5.2019, n. 3502;Cons. Stato, V, 17.5.2018, n. 2953; Cons. Stato, V, 24.8.2018, n. 5047). Il relativo procedimento non ha, dunque, per oggetto la ricerca di specifiche e singole inesattezze dell’offerta economica, mirando ad accertare se in concreto l’offerta, nel suo complesso, sia attendibile e affidabile in relazione alla corretta esecuzione dell’appalto.

Parte ricorrente deduce sostanzialmente l’illegittimità del nuovo P.E.F. raffrontandolo voce per voce con il P.E.F. presentato dalla omissis nel primo subprocedimento di verifica dell’anomalia ed evidenziandone tutte le difformità in aumento degli incassi e in diminuzione dei costi, ritenendo che, sebbene questa volta la controinteressata ha provveduto a scorporare l’IVA, una simile operazione comporterebbe un’inammissibile distorsione della procedura ex art. 97 del D.lgs. n. 50/2016.

Deve essere evidenziato che il principio della par condicio dei concorrenti è violato solo mediante l’integrazione o modificazione postuma dell’offerta con conseguente incidenza sulla sostanza e non solo sulla forma, quando cioè vi siano difformità dell’offerta che rivelino l’inadeguatezza del progetto proposto dal concorrente rispetto ai requisiti minimi previsti dalla stazione appaltante per il contratto da affidare.

La censura non è fondata neanche per la parte in cui lamenta l’intervenuta modificazione dell’offerta tecnica poiché in relazione alla voce “costo dei parcometri” sarebbe stato eliminato il riferimento ai costi per il “sistema di centralizzazione”, perché sarebbe diverso il modello della macchina contamonete individuato nel secondo PEF, perché la strumentazione fornita al personale sarebbe stata ridotta, perché sarebbe minore il valore stimato per la segnaletica orizzontale e per quella verticale.

Premesso che per tutte le ragioni suesposte non appare ammissibile il raffronto tra il primo e il secondo P.E.F., occorre evidenziare con riguardo alle “voci”..

Secondo l’orientamento condiviso dal Collegio, in sede di verifica dell'anomalia, è consentita la modifica delle giustificazioni delle singole voci di costo, rispetto alle giustificazioni già fornite, come pure l’aggiustamento delle singole voci di costo, per sopravvenienze di fatto o normative ovvero al fine di porre rimedio a originari e comprovati errori di calcolo, sempre che resti ferma l’entità dell'offerta economica in ossequio alla regola dell’immodificabilità dell’offerta (Cons. Stato, V, 26.1. 2019, n. 4400; Cons. Stato, V, 8.1.2019, n. 171).

Nel caso di specie, peraltro, l’aggiustamento delle singole voci trova un’ulteriore giustificazione nella gestione provvisoria affidata alla omissis e nella conseguente esperienza maturata in relazione al servizio, nonché nella valutazione ai fini della ripartizione dei costi di tutti i parcheggi in gestione, come previsti nel capitolato.

12. Per tutte le esposte ragioni il ricorso deve essere respinto".