Il Tar Basilicata ha accolto le nostre tesi a difesa di due società che hanno impugnato il diniego al rilascio dell'autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto eolico con aerogeneratore di 1000 KW.
Leggasi testualmente nella sentenza del Tar: "Il ricorso è fondato, alla stregua della motivazione che segue. Le argomentazioni in forza delle quali l’Ente regionale ha ritenuto di poter arrestare l’iniziativa imprenditoriale di cui è questione vanno così compendiate: a) le deducenti avrebbero presentato una mera “comunicazione” congiunta di subentro e non una “istanza” congiunta di subentro, rimediando poi tardivamente a quanto innanzi; b) la necessaria documentazione di supporto sarebbe stata inizialmente prodotta in “copia e non in originale”, e anche in questo caso si sarebbe a ciò posto tardivamente rimedio; c) gli “oneri istruttori” di cui all’art. 35, comma 5, della cennata legge regionale sarebbero stati corrisposti solo in parte; d) difetterebbe la «dichiarazione sostitutiva di notorietà del professionista firmatario del progetto attestante l'avvenuto pagamento delle spettanze professionali» di cui all'art.3 della legge regionale n. 41 del 2018. Quanto innanzi, quindi, a giudizio dell’Amministrazione resistente, renderebbe insussistenti «i presupposti di accoglimento delle osservazioni per una modifica dei provvedimenti assunti in ragione delle disposizioni normative regionali vigenti». 4.1. A tal riguardo, osserva in primo luogo il Collegio come sia palese l’erroneità dell’interpretazione del quadro attizio di riferimento da parte degli uffici regionali, i quali, evocando l’immodificabilità dei provvedimenti assunti in precedenza, hanno fatto mostra di non essersi avveduti che questi ultimi sono già stati annullati, e dunque rimossi in toto ed ex tunc dall’ordinamento giuridico per effetto di quanto disposto dalla richiamata sentenza di questo Tribunale n. 519 del 2020. 4.2. Occorre nondimeno attribuire alla nota regionale in contestazione valenza di arresto procedimentale, di per sé idoneo alla lesione dell’interesse delle deducenti al conseguimento dell’autorizzazione ex art. 12 d.lgs. n. 287 del 2003. In tale prospettiva, l’azione amministrativa regionale è contraddistinta da evidente erroneità della motivazione, come puntualmente dedotto dalle ricorrenti. 4.2.1. E’, invero, agevole rilevare in primo luogo come le carenze rilevate da parte resistente non concernano la documentazione prescritta dall’appendice A del P.I.E.A.R., ovverosia l’unica da valorizzare ai sensi dell’art. 3-bis della legge regionale 26 aprile 2012, n. 8, introdotto dall’art. 34 della cennata legge regionale n. 38 del 2018, non essendosi spazio alcuno per l’estensione analogica di tale disposizione. 4.2.2. Non dovuti sono gli oneri istruttori di cui al comma 5 dell’art. 9 della legge regionale n. 8 del 2012, novellato dall’art. 35 della legge regionale n. 38 del 2018, riferendosi lo stesso a istanze di varianti non sostanziali ai progetti già autorizzati (non potendosi, già sul piano logico, raffigurarsi varianti di ciò che non è ancora stato strutturato in una autorizzazione amministrativa) mentre nel caso di specie viene in considerazione un progetto il cui primo iter autorizzatorio non si è concluso. 4.2.3. La carenza «dichiarazione sostitutiva di notorietà del professionista firmatario del progetto attestante l'avvenuto pagamento delle spettanze professionali», non è stata contemplata nel preavviso di rigetto di cui all’art. 10-bis della legge 7 agosto 1990, n. 241, sicché la stessa, ai sensi di quanto disposto dal terzo e dal quarto periodo del comma 1 dello stesso art. 10-bis (novellato dall’art. 12 del decreto legge n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020) non può costituire motivo ostativo al rilascio del titolo.
Peraltro, è rimasta priva di contestazione specifica l’affermazione di parte ricorrente secondo cui tale dichiarazione non sarebbe mai stata richiesta anteriormente dall’Amministrazione, a onta del preciso onere di cui al comma 2 dell’art. 3 della legge regionale n. 41 del 2018, derivandone gli effetti di cui all’art. 64, comma 2, cod. proc. amm. 4.2.4. Errata, oltre che singolare, è la tesi secondo cui l’utilizzo della locuzione “comunicazione” in luogo di quella di “istanza” sarebbe idonea a determinare la reiezione di quella che si atteggia a chiara e univoca manifestazione congiunta di volontà delle parti private, debitamente e tempestivamente sottoposta al previo controllo amministrativo. Anche per questo aspetto, inoltre, va rilevata la distonia tra il contenuto del preavviso di rigetto, in cui si è fatto riferimento alla carenza dell’istanza di autorizzazione alla voltura della (inesistente) autorizzazione, e la motivazione dell’atto di diniego. 4.2.5. La documentazione a supporto dell’istanza di subentro, infine, risulta essere stata tempestivamente trasmessa agli uffici regionali con comunicazione p.e.c.. 4.2.6. Fermo quanto innanzi, di per sé dirimente, ritiene il Collegio di dover segnalare come assuma portata trasversale, nell’intera vicenda, la mancata applicazione dell’istituto del “soccorso istruttorio”, posto che le (indebite) carenze documentali rilevate dall’Amministrazione regionale si atteggiano, a tutto voler concedere, a lacune di carattere meramente formale, come tali emendabili in sede di integrazione procedimentale ai sensi dell’art. 6, lett. b) della legge generale sul procedimento amministrativo 7 agosto 1990, n. 241, anche in applicazione dell’art. 1, comma 2-bis, della medesima legge, secondo cui “i rapporti tra il cittadino e la pubblica amministrazione sono improntati ai princìpi della collaborazione e della buona fede”