Il Tar Campania, sede di Napoli, ha accolto il nostro ricorso a difesa dell'impresa aggiudicataria che era stata esclusa dalla gara di appalto, dopo la stipula del contratto, per asserite (e non comprovate) violazioni non definitivamente accertate di imposte e tasse ai sensi dell'art. 80, comma 4, 2 periodo D.lgs. 50/16.
Leggasi testualmente nella sentenza del Tar: "Ai sensi dell’art. 80, comma 4, del D. Lgs. n. 50/2016 - come novellato dall’art. 8, comma 5 lett. b) del D.L. n. 76/2020 convertito dalla L. n. 120/2020 - “Un operatore economico è escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se ha commesso violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse … secondo la legislazione italiana o quella dello Stato in cui sono stabiliti. Costituiscono gravi violazioni quelle che comportano un omesso pagamento di imposte e tasse superiore all'importo di cui all'articolo 48-bis, commi 1 e 2-bis del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602. Costituiscono violazioni definitivamente accertate quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione…Un operatore economico può essere escluso dalla partecipazione a una procedura d'appalto se la stazione appaltante è a conoscenza e può adeguatamente dimostrare che lo stesso non ha ottemperato agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse o dei contributi previdenziali non definitivamente accertati qualora tale mancato pagamento costituisca una grave violazione ai sensi rispettivamente del secondo o del quarto periodo...”. La disposizione distingue due ipotesi concernenti, rispettivamente: - la commissione di violazioni gravi, definitivamente accertate, rispetto agli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse (o dei contributi previdenziali), in presenza delle quali è prevista l’automatica esclusione dell’operatore; - l’inadempimento agli obblighi di pagamento delle imposte e delle tasse (o dei contributi previdenziali) non definitivamente accertato che, viceversa, “può” comportare l’estromissione del partecipante. In entrambe le ipotesi, la valutazione di gravità è predeterminata dal legislatore al raggiungimento della soglia (€ 5.000,00) di cui all’art. 48 bis del D.P.R. n. 602/1972. La differenza tra le due previsioni riposa, a ben vedere, sull’automaticità, nel primo caso, ovvero sulla facoltatività del potere di esclusione da parte della stazione appaltante, al verificarsi dei presupposti normativamente previsti. Orbene, nella fattispecie in trattazione, non è contestato che si versi nella seconda ipotesi, per la quale non opera l’automatismo espulsivo proprio della prima ipotesi. Difatti, i rilievi dell’Agenzia delle Entrate riguardano, rispettivamente, n. 3 processi verbali di constatazione che costituiscono, come si vedrà, meri atti istruttori endoprocedimentali, ed un avviso di accertamento, avverso il quale pende giudizio innanzi al giudice tributario; pertanto, non si è in presenza di violazioni definitivamente accertate, intese come “quelle contenute in sentenze o atti amministrativi non più soggetti ad impugnazione” ai sensi dell’art. 80, comma 4, del Codice degli Appalti pubblici. Ai fini dell’adozione dell’atto espulsivo, si palesa pertanto indispensabile una valutazione in concreto della stazione appaltante in ordine alla concreta incidenza del requisito carente sulla integrità ed affidabilità dell’operatore. Facendo applicazione dei principi elaborati dall’Adunanza Plenaria n. 16/2020 (§ - 15) in materia di false informazioni rese dai partecipanti alle procedure di affidamento di contratti pubblici (art. 80, comma 5 lett. ‘c-bis’ del D. Lgs. n. 50/2016), può ritenersi che, qualora sia mancata, una simile valutazione non può essere rimessa al giudice amministrativo, ostandovi il principio di separazione dei poteri, che in sede processuale trova emersione nel divieto sancito dall’art. 34, comma 2, del codice del processo amministrativo, secondo cui il giudice non può pronunciare “con riferimento a poteri amministrativi non ancora esercitati”.
Al riguardo, occorre rilevare che la norma non indica i parametri sulla base di quali la stazione appaltante possa procedere con l’esclusione dell’operatore in presenza di debiti connessi ad accertamenti non definitivi, fissando unicamente il criterio della gravità della violazione connessa all’importo di cui all’art. 48 bis. Peraltro, non può neppure ritenersi che l’amministrazione appaltante verifichi nel merito la pretesa dell’erario, sostituendosi alle prerogative dell’ente impositore o del concessionario della riscossione.
Al fine di perimetrare il sindacato dell’amministrazione, può allora richiamarsi il principio di proporzionalità dell’azione amministrativa che, come noto, impone all’amministrazione di adottare un provvedimento non eccedente quando è opportuno (in relazione al risultato che si intende raggiungere) e necessario (cioè non altrimenti surrogabile) per conseguire lo scopo prefissato. Alla luce di tale principio, nel caso in cui l’azione amministrativa coinvolga interessi diversi, è doverosa un’adeguata ponderazione delle contrapposte esigenze, al fine di trovare la soluzione che comporti il minor sacrificio possibile: in questo senso, il principio in esame rileva quale elemento sintomatico della correttezza dell’esercizio del potere discrezionale in relazione all’effettivo bilanciamento degli interessi (Consiglio di Stato, Sez. V, n. 746/2017).
Dopo la pronuncia di primo grado della Commissione Tributaria Provinciale di Milano sfavorevole alla ricorrente – e nelle more della definizione del giudizio di appello – non risulta poi notificato alla ricorrente atto di intimazione per la riscossione frazionata del tributo prevista dall’art. 68 del D. Lgs. n. 546/1992 (“Anche in deroga a quanto previsto nelle singole leggi d'imposta, nei casi in cui è prevista la riscossione frazionata del tributo oggetto di giudizio davanti alle commissioni, il tributo, con i relativi interessi previsti dalle leggi fiscali, deve essere pagato: a) per i due terzi, dopo la sentenza della commissione tributaria provinciale che respinge il ricorso…”). Per l’effetto, non risulta integrata la fattispecie di cui all’art. 80, comma 4, del Codice degli Appalti pubblici che postula, quale condizione ostativa alla partecipazione alla gara, l’inottemperanza a “gli obblighi relativi al pagamento delle imposte e tasse” avendo l’istante assolto, allo stato e salvo la notifica di ulteriori atti di esecuzione frazionata del tributo, agli obblighi di versamento previsti dalla legge in relazione a contestazioni ritualmente impugnate innanzi agli organi della giustizia tributaria. Le considerazioni svolte conducono, in definitiva, all’accoglimento del ricorso e al conseguente annullamento del provvedimento impugnato con conseguente condanna della parte resistente – in applicazione del criterio della soccombenza di cui agli artt. 26 c.p.a. e 91 c.p.a. - al pagamento delle spese di giudizio nella misura indicata in dispositivo.